Robot e cobot nella sanità: una risorsa al servizio di operatori e pazienti, con soluzioni sempre più utili e accessibili
Quando si pensa a un robot collaborativo all’opera, la prima cosa che ci viene in mente è tipicamente un ambiente industriale, in cui il braccio robotico viene impiegato in attività di assemblaggio, asservimento macchine, movimentazione di materiale o altro ancora.
In realtà questi strumenti stanno trovando sempre più spazio anche nella sanità, dai laboratori di ricerca e analisi al supporto di pazienti nel corso di terapie riabilitative.
L’impiego di robot in campo sanitario non è una novità: dal 2000 ad oggi sono stati venduti più di 5.000 robot chirurgici DaVinci della Intuitive Surgical ed il numero di operazioni compiute ogni anno con il supporto di questi dispositivi è ormai a 6 zeri (nel 2018 sono state circa 1.000.000).
In tanti ospedali è ormai comune la presenza di robot autonomi che trasportano, per esempio, la biancheria di ricambio, i pasti e persino le medicine, rendendo più pratica la distribuzione e meno gravoso il compito per gli operatori che non sono più costretti a spostare pesanti carrelli.
Sempre negli ospedali esistono robot che contribuiscono all’igiene in ambienti tanto esposti come le corsie: questi strumenti sono in grado di svolgere compiti pesanti e spesso dispendiosi in maniera pressoché autonoma e, soprattutto, garantendo continuità di servizio.
Se ci spostiamo in laboratorio, i bracci robotici collaborativi esprimono al meglio il proprio valore.
All’Università di Copenhagen da ormai diversi anni due UR5 vengono impiegati con regolarità nei laboratori di Gentofte per la selezione dei campioni ematici, dove grazie al supporto di un sistema di visione sono in grado di manipolare con facilità, estrema precisione ed altissima ripetibilità i campioni e supportare il personale di laboratorio nelle attività di routine, con un aumento della capacità di analisi superiore al 90%.
La compattezza di questi dispositivi e la possibilità di montarli a soffitto permette di impiegarli anche dove lo spazio è una risorsa preziosa e la loro duttilità permette di svolgere molte operazioni che tipicamente richiedono la presenza di due operatori anche in presenza di un singolo operatore, migliorando le condizioni di sicurezza in ambienti ad alto rischio.
Se ci spostiamo alla riabilitazione, come primo esempio di impiego dei robot collaborativi del nostro partner Universal Robots troviamo il centro di neuroriabilitazione della Odense University Hospital, nei Paesi Bassi, che ha sviluppato il progetto Patient@Home.
Grazie a un robot, chiamato Rainer, i terapeuti possono far svolgere alle persone in cura dopo ictus ed emorragie cerebrali alcune parti del percorso di riabilitazione direttamente presso le loro abitazioni, migliorando considerevolmente l’esperienza d’insieme per il paziente, ma anche liberando preziosi posti letto per la struttura o ancora, evitando a chi necessita di terapia costante di andare avanti e indietro dall’ospedale.
Rainer, grazie ai programmi attentamente studiati e ai sistemi di feedback presenti sul dispositivo, guida e assiste i pazienti nello svolgimento degli esercizi necessari per tornare ad apprendere alcuni movimenti di cui l’incidente medico può aver fatto perdere memoria.
L’impiego di bracci robotici Universal Robots si estende anche alla fisioterapia.
Massage robotics, una startup californiana, ha creato una postazione per i massaggi basata sull’impiego di bracci robotici UR10. Alex, questo il suo nome, è in grado di applicare la giusta pressione sulla schiena e sugli arti e di soddisfare i desideri della persona che si sottopone a una seduta di massaggio grazie a un’intelligenza artificiale che gli permette di comprendere il linguaggio naturale.
Quelli riportati sono alcuni esempi di impiego a cui se ne aggiungono molti altri, dallo sviluppo di protesi al supporto logistico nelle strutture sanitarie.
La possibilità di automatizzare operazioni ripetitive a basso valore aggiunto con dispositivi dai costi d’acquisto contenuti e bassissimi costi di manutenzione sta sempre più convincendo le amministrazioni sanitarie nel ricorrere a queste risorse per riuscire a servire sempre meglio le persone nel rispetto dei limiti di budget, spesso stringenti, che si trovano a dover rispettare.