Difenderemo il posto di lavoro dai colleghi robot?
Un giorno al lavoro ti guarderai attorno e realizzerai che sei l’unico in carne ed ossa in mezzo a una schiera di colleghi in alluminio. Farai un sospiro pensando alle pause caffè in compagnia degli ex colleghi umani. Quando crederai di essere al sicuro, sostitueranno anche te con un robot nuovo di zecca e se chiederai ai sindacati protezione, un altro robot elencherà i tuoi diritti per concordare una buonuscita dignitosa.
Sembra l’incipit di un libro di Asimov, è uno scenario che mi sono immaginato leggendo le ultime notizie sull’argomento Robot e occupazione.
Gli interrogativi su questo tema affascinano e spaventano da generazioni, sia i bambini che gli adulti. Complici i libri di fantascienza e i film di Hollywood, ma anche la realtà che stiamo vivendo.
I Robot ci stanno rubando il lavoro? E’ iniziata una competizione fra noi e loro?
Le innovazioni della robotica e i progressi nel campo dell’intelligenza artificiale stanno convergendo portando risultati sbalorditivi da un lato, sostituendo il lavoro dell’uomo dall’altro.
[heading]I Robot ci porteranno via il lavoro?[/heading]Questo è il vero interrogativo che preoccupa i lavoratori di tutto il mondo. In una situazione di crisi o di lenta crescita, il fattore robot sembra rappresentare un altro problema sul fronte occupazionale.
Forse la domanda del paragrafo è brutale, ma la realtà ci sta dicendo che robot e intelligenze artificiali stanno sostituendo gli uomini nello svolgimento di un numero crescente, e fino a poco tempo fa impensabile, di mansioni.
Negli Stati Uniti e in Cina, potenze industriali del mondo, sempre meno persone lavorano nella produzione rispetto al 1997, grazie o per colpa (a seconda del tuo pensiero) dei progressi nel campo dell’automazione. Fonte Technology Review
Gli altri settori lavorativi possono stare tranquilli? Sembra proprio di no. Abbiamo parlato recentemente della decisione di Foxconn, ovvero la più grande produttrice di componenti elettrici ed elettronici per i produttori di apparecchiature originali in tutto il mondo, di implementare i robot di Google per le attività produttive delle proprie fabbriche. Fonte Blog Alumotion
Ma non sono solo fabbriche e industrie gli ambienti di lavoro sempre più invasi da robot e intelligenze artificiali. Anche il mondo del terziario sta per implementare le tecnologie più evolute per aumentare produttività ed efficienza.
Una notizie recente afferma che software altamente evoluti, in tempi relativamente brevi, verranno impiegati persino per svolgere operazioni intellettuali impensabili, quelle svolte dai cosiddetti “colletti bianchi”.
Per anni si è sempre pensato erroneamente che l’automazione e la tecnologia più spinta riguardasse solo ed esclusivamente un campo, quello militare. Tuttavia, sistemi come quello chiamato Warren, in onore al re degli investitori Warren Buffett, dimostrano che un grosso cambiamento è già in atto. Questo sistema è in grado di sostituire i geni della finanza, quegli specialisti del settore in grado di consigliare i clienti sugli investimenti più redditizi. Ebbene, operazioni come queste, potranno essere effettuate da software praticamente infallibili. Fonte La Stampa
Assisteremo ad altre scene di colletti bianchi licenziati senza pietà e con i cartoni pieni di oggetti personali delle loro scrivanie fuori dagli istituti finanziari di Wall Street?
Gli impiegati sono a rischio, gli operai sono a rischio. Camionisti, assistenti medici e magazzinieri ? Sono a rischio pure loro. Insieme ad altri lavoratori finora sicuri del proprio posto di lavoro.
I camionisti potrebbero essere sostituiti da veicoli che viaggiano da soli. Se si verificasse una cosa del genere, le ripercussioni sociali saranno forse più sconvenienti rispetto ai vantaggi. Infatti non si parla di poche migliaia di camionisti, ma di quasi 6 milioni di lavoratori solo in America! Fonte Wall Street Journal
I magazzinieri di Staples dovranno fare l’abitudine a robot che sfrecciano da soli tra uno scaffale e l’altro. I robot della Kiva, permettono di ordinare, muovere e spedire la merce in modo sempre più veloce e sempre meno costoso. Fonte Wall Street Journal
Amazon sta a guardare? Non credo visto l’introduzione a breve dei droni corrieri.
Una ricerca, firmata da Carl Benedikt Frey della Oxford Martin School e Michael A.Osborne, del dipartimento di Scienze Ingegneristiche dell’Università di Oxford, è arrivata alla conclusione che Il 47% dei lavori in cui sono impiegati gli americani è a rischio. La ricerca ha preso in considerazione la capacità di apprendimento delle macchine e la loro capacità di movimento nello spazio. Fra i dieci lavori a più rapida crescita, quelli cioè dove ci saranno più posizioni aperte, le probabilità che siano sottratti da software e da robot è la seguente
- assistenti personali nell’ambito salute 74%;
- commessi 92%;
- camerieri e personale specializzato nelle preparazioni alimentari 92%;
- assistenti domiciliari 39%;
- assistenti medici 9%;
- segretarie e assistenti amministrativi 96%;
- addetti alle relazioni con il pubblico 55%;
- inservienti e addetti alle pulizie 66%;
- muratori e addetti alle costruzioni 71%.
Come in tutte le diatribe si formano diverse scuole di pensiero. I pessimisti avranno letto con “piacere” il paragrafo poco sopra. Gli ottimisti proveranno soddisfazione leggendo le prossime righe.
Una delle tesi più ottimistiche sostiene che i progressi nel campo dell’automazione non appartengono solo a questi anni, le radici di queste innovazioni sono più lontane nel tempo. E nonostante ogni allarmismo, la forza lavoro è sempre riuscita a trovare sbocchi lavorativi in altre direzioni. In sintesi, il progresso non ha mai creato disoccupazione in passato, perché dovrebbe farlo proprio ora? Sotto certi aspetti anche questa posizione è degna di rispetto, tuttavia è meglio riflettere in modo approfondito, lasciando da parte semplificazioni eccessivamente ottimistiche.
Sicuramente si può arrivare alla seguente conclusione. L’introduzione di macchine altamente tecnologiche permette alle industrie un consistente risparmio di denaro nel medio e lungo termine. Parte di questo denaro verrebbe reintrodotto nell’economia mondiale o di un paese, attraverso nuovi investimenti oppure attraverso maggiori entrate nelle casse degli Stati. Fonte Technology Review
Un altro cavallo di battaglia del partito degli ottimisti punta sull’equazione: più robot = meno rischi per l’uomo. Il riferimento è rivolto a tutti quei lavori particolarmente usuranti e a rischio che altrimenti avrebbero dovuto essere svolti dall’uomo. Un esempio? I robot intervenuti per la messa in sicurezza della centrale di Fukushima.
Ma non solo gli uomini possono tirare un sospiro di sollievo, persino i delfini sminatori potranno cercarsi lavori meno rischiosi. Dopo 50 anni la Marina Militare statunitense ha deciso infatti di rinunciare ai delfini ‘sminatori’ per scandagliare i fondali oceanici e liberarli da pericolosi residui bellici. Al loro posto, i militari americani utilizzeranno robot a forma di siluro dotati di potentissimi sonar.
Una battaglia in meno da combattere per GreenPeace!
Migliorare le condizioni di lavoro significa anche minori spese nel campo sanitario e nelle pensioni di invalidità in seguito a incidenti sul lavoro, un risparmio che può essere convertito in maggiori benefici per tutta la collettività.
Robotica, intelligenza artificiale, software sempre più potenti, significa anche nuove competenze, nuove opportunità di lavoro. Recentemente è apparsa sui quotidiani nazionali la notizia di un ragazzo, Andreas Anedda, neolaureato in Design & Engineering al Politecnico di Milano, esperto di disegno industriale e progettazione 3D, che a soli 23 anni si è piazzato settimo (unico italiano) in un contest internazionale online prestigioso. Fonte Il Corriere.it
Sicuramente questo ragazzo non avrà problemi a trovare un posto di lavoro con le competenze specifiche che ha acquisito.
[heading]Robot e Software vincenti, l’alba di un nuovo Capitalismo[/heading]E’ chiaro per tutti che restare al passo coi tempi è l’unico modo per restare competitivi. Ma non tutti possono inventarsi imprenditori nel campo della tecnologia, non tutti possono tornare in Università per colmare le lacune nel campo della tecnologia.
I paesi più in difficoltà dal punto di vista economico, come il nostro, non sono in grado di recuperare in fretta il terreno perduto sul fronte degli investimenti in questi settori all’avanguardia. Il rischio è che si formi un divario crescente tra chi è avanti sul fronte della tecnologia e chi è rimasto indietro. E’ una sorta di neo capitalismo fondato sulla conoscenza e sul potere tecnologico.
Chi è proprietario di software vincenti e macchine intelligenti domina e può scalare tranquillamente multinazionali che non hanno fatto investimenti o che li hanno fatti nella direzione sbagliata. Basta pensare a Nokia, fino a una decina di anni leader incontrastata nel campo della telefonia mobile. Per una serie di motivi non ha continuato a investire nelle direzioni giuste. Attualmente sopravvive grazie all’acquisto da parte di un gigante come Microsoft.
La stessa cosa è successa, anzi, sta succedendo a Rim, la casa produttrice del Blackberry, entrata in crisi nonostante una posizione di dominio nel mercato della telefonia mobile aziendale che è durata per anni.
Questi esempi ci insegnano che un brand può anche essere prestigioso e da un passato di predominio nel proprio mercato di riferimento. Ma se non vengono effettuati degli investimenti mirati il rischio di essere superati da giovani start-up meno blasonate ma più innovative è altissimo.
E’ il caso dei programmatori del software di messaggistica What’s App. Pur non lavorando presso una multinazionale potente come Microsoft, Google o Apple, sono arrivati dove i grandi della tecnologia e della comunicazione non sono arrivati. Il loro successo è stato un mix di genio, conoscenze, coraggio e tempistica. Fonte Wikipedia
Questo è il nuovo capitalismo, sotto certi aspetti più concorrenziale, sotto altri più difficile da comprendere se non si è aggiornati sul fronte delle tecnologie. Non bastano rischi, sacrifici ed entusiasmo. Occorrono talenti e competenze specifiche, soprattutto nei campi che abbiamo descritto in questo articolo, ovvero tecnologia, intelligenza artificiale, software, robotica.
Non tutti possono inventarsi programmatori, non tutti i programmatori sono talmente geniali dai inventare start-up di successo. Noi tutti però possiamo e abbiamo il dovere di prepararci al futuro che già è diventato presente.
Belle parole, ma solo parole? No, bisogna aggiungere i fatti. Un esempio concreto lo vediamo ancora una volta negli Stati Uniti. Mi riferisco all’iniziativa chiamata Hour of Code, ovvero una campagna nazionale orientata a diffondere l’educazione informatica nelle scuole americane. Questa iniziativa no-profit ha il sostegno di big dell’informatica e della tecnologia. Qualche nome Google, Apple, Microsoft, Facebook, Amazon, tanto per citare i brand più famosi. Fonte Code.org
[heading]I Robot cambieranno il nostro modo di lavorare?[/heading]La piccola e media impresa italiana ed europea cosa può fare? Aspettare di essere spazzata via dalle multinazionali più evolute? Oppure adattarsi alle novità, guardare gli esempi di successi e importare con coraggio i modelli vincenti?
Il caso Toyota è uno di questi esempi. La Toyota, nell’immediato dopo-guerra, si trovava in condizioni gravissime di mancanza di risorse, come peraltro gran parte dell’industria del Giappone, uscito sconfitto e stremato da una guerra devastante.
Per superare una situazione pressoché drammatica ha rivisto sin dalle fondamenta il tipico processo produttivo industriale. In sintesi, per raggiungere determinati obiettivi ed evitare il fallimento l’obiettivo è stato realizzare un processo produttivo estremamente flessibile, evitando giacenze nei magazzini, costi eccessivi nei trasporti, sovraproduzioni ed altri tipi di sprechi. Per maggiori informazioni ecco il link di Wikipedia.
L’esempio di Toyota ci fa riflettere su quanto sia necessario un cambiamento dei sistemi produttivi prima che sia troppo tardi. Un approccio simile alla “produzione di massa” è ormai completamente obsoleto e controproducente. L’orientamento delle grandi imprese come in quelle medio-piccole è quello di aumentare le vendite attraverso un sistema customizzato, altamente personalizzabile, in modo tale da raggiungere il maggior numero di clienti ascoltando e intuendo le loro richieste.
- Creare nuovi bisogni, aumentando le vendite
- Rendere l’azienda talmente flessibile da adattarsi ai mutamenti del mercato
- Ridurre i costi e i tempi di produzione eo della consegna
Questi obiettivi si raggiungono automatizzando parte del processo produttivo, lasciando la parte dedicata alla qualità e alla personalizzazione al cosiddetto fattore umano, anzi all’artigiano 2.0.
[heading]Verso l’artigiano 2.0[/heading]Quello che sta succedendo potrebbe essere uno tsunami, con la sola differenza che possiamo evitarlo senza scappare, ma affrontandolo con coraggio e fiducia. Purchè si muti la visione del modo di lavorare tenendo presendo due pilastri imprenscindibili.
- L’automazione, il progresso, la tecnologia, sono inevitabili.
- L’estro, la creatività, il fattore umano, sono altrettanto insostituibili.
L’importante è che il fattore umano non sia di ostacolo alla produttività, alle esigenze del mercato, al progresso stesso. Altrettanto importante è che l’automazione non generi un’omologazione del prodotto, perfetto ma privo di anima e di sfumature.
Una dimensione artigianale durante il processo produttivo ci sarà sempre. Dovrà essere riadattata in base ai cambiamenti del mercato, ma soprattutto dovrà considerare l’automazione un alleato, non un concorrente. I robot sono e saranno sempre di più dei collaboratori non delle minacce, ma solo se saremo in grado di interagire con loro in modo attivo. Se l’approccio che abbiamo nei loro confronti continuerà ad essere puramente passivo, quasi competitivo, la battaglia sarà inevitabilmente persa. L’efficienza di un robot non è paragonabile a quella di un uomo, intestardirsi di fronte all’evidenza porta solo a una sterile resistenza.
Potresti rinunciare ai robot, certo, ma la concorrenza li starà già utilizzando, pertanto sei proprio sicuro che ti conviene non impiegarli?
Un robot collaborativo, leggero non ingombrante, che può essere spostato in fabbrica a seconda dei picchi di lavoro è la soluzione perfetta anche e soprattutto per la piccola e media impresa.
I robot di ultima generazione non necessitano nemmeno di protezioni perimetrali, sono sicuri e svolgono lavori ripetitivi, liberando l’artigiano, l’operaio specializzato oppure l’impiegato da mansioni logoranti sotto il profilo fisico e psicologico. Fonte Blog Alumotion
I robot saranno sempre più flessibili, versatili e riutilizzabili. Saranno programmabili in tempi brevi per svolgere molteplici lavori anche durante la stessa giornata di lavoro, a seconda del contesto e del processo produttivo. Fonte Blog Robotiq
Gli artigiani di nuova generazione sfrutteranno le nuove tecnologie della manifattura digitale per produrre oggetti innovativi, mescolando materiali diversi, personalizzando il prodotto sulla base delle richieste di singoli clienti. Avranno spazio per la sperimentazione senza perdere di vista la funzionalità del prodotto finale.
Gli artigiani del futuro, anzi del presente, hanno bisogno di mettere insieme tecnologia e tradizione per dare senso e valore economico a prodotti altrimenti facilmente replicabili. Evitare l’omologazione significa anche rendere più appetibile sul mercato il proprio prodotto.
L’approccio artigianale di una volta non porta a risultati concreti. L’artigiano al passo coi tempi, che offre un valore aggiunto al prodotto industriale, che coesiste in modo collaborativo con i robot, è la chiave per restare concorrenziali e trasformare lo tsunami di tecnologia in arrivo in una splendida opportunità. Può diventare una rivoluzione in grado di migliorare il proprio lavoro e la propria vita. Dipende tutto da noi. Fonte Blog Alumotion
Ringraziamo Abb.com per l’immagine di copertina