Medicina e sanità: quale ruolo giocano oggi i robot collaborativi
È da circa 50 anni che il settore sanitario viene identificato come promettente per l’automazione robotica, e risalgono al 1974 i primi tentativi da parte dei ricercatori di integrare queste tecnologie in applicazioni mediche. Risulta perciò abbastanza sorprendente che nella realtà i robot si stiano diffondendo con estrema lentezza in tale settore. A parte alcuni casi eccezionali, la volontà di utilizzare queste tecnologie si è tradotta più che altro sul piano teorico: sono stati svolti studi, servizi sui media, promozioni, ma ben pochi robot sono stati concretamente inseriti in ospedali o centri medici.
La chirurgia è certamente una delle applicazioni per robot più discusse, anche per quanto riguarda i casi di maggior interesse e successo. Ma non si tratta dell’unica applicazione in ambito sanitario e sono molte le aree in cui i robot vengono utilizzati, come per la riabilitazione, il trasporto, nei servizi igienici e altro.
Ma quello che ci interessa maggiormente è vedere nello specifico qual è il ruolo giocato dai robot collaborativi in questo mercato.
Robot collaborativi e sanità
Anche se la chirurgia rientra in un settore ancora piuttosto esclusivo, riservato a robot su misura come il Sistema Chirurgico Da Vinci, ci sono moltissime altre applicazioni in cui i robot collaborativi vengono correntemente utilizzati in campo medicale e assistenziale. Vediamo quindi alcuni esempi in cui i robot collaborativi stanno dimostrando le loro potenzialità.
Universal Robots e il settore sanitario
I robot collaborativi di Universal Robots vengono prevalentemente utilizzati nel settore industriale, al cui interno si trovano molteplici aziende produttrici di strumenti e prodotti medicali. Ad esempio tre cobot UR sono stati adottati dall’azienda Tegra Medical per svolgere una delle mansioni più tradizionali per gli UR: l’asservimento macchine. Due UR5 e un UR10 sono stati implementati per caricare le macchine produttrici di sistemi di chiusura vascolare e dispositivi di riparazione medicale. “Facendo parte dell’industria medicale, non possiamo cambiare i processi interni senza darne notifica ai nostri clienti e passare attraverso una fase di valutazione. Sostituendo però l’operatore con il robot, siamo intervenuti in una fase interna del processo, quella di manipolazione dei componenti, senza una reale modifica nell’applicazione. Cosa che per noi ha significato moltissimo” ha affermato il Direttore dell’Engineering di Tegra, Hal Blenkhorn.
In un altro caso i bracci antropomorfi UR sono stati utilizzati da Aurolab, parte integrante dell’organizzazione no-profit per cure oculistiche Aravind, situata in India e che esporta i suoi prodotti in più di 130 paesi di tutto il mondo. Tra le varie soluzioni che Aurolab propone, una delle più importanti è quella del ‘cataract kit’, che comprende prodotti utilizzati per operazioni alle cataratte così come lenti intraoculari che permettono alle persone di riacquistare la vista dopo l’operazione. Per svolgere le delicate mansioni di manipolazione e pick&place di componenti, che richiedevano alta precisione e accuratezza, sono stati scelti i cobot UR: dopo una prova di concetto con un braccio, ne sono stati installati ben sette.
Infine, citiamo un caso tutto italiano dove si è deciso di utilizzare un braccio Universal Robots per un’applicazione di controllo: l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Esigenza dell’istituto era svolgere dei test di funzionamento su sonde ecografiche prodotte da ESAOTE, importante azienda produttrice di apparecchiature biomedicali, in particolare nel settore degli ultrasuoni, della risonanza magnetica dedicata e del software per la gestione del processo diagnostico. È stata quindi effettuata una comparazione tra i dati ottenuti con l’applicazione manuale, svolta da tecnici specializzati, e quelli generati dal cobot UR5. Il braccio di Universal Robots non solo ha fornito dati maggiormente precisi, ma ha migliorato in generale l’applicazione di testing, rendendola più veloce e affidabile, eliminando una serie di variabili legate al posizionamento manuale della sonda.
Insomma, i bracci antropomorfi stanno già lavorando nel settore industriale medicale, e si aprono sempre maggiori possibilità come quelle dell’Istituto di BioRobotica di Pisa, per il controllo qualità e test di analisi. Ma anche altre tipologie di robot collaborativi svolgono un eccellente lavoro in questo settore.
MiR per la logistica in ospedali e altri centri
Anche i robot a guida autonoma stanno infatti trovando maggiore spazio in campo sanitario, e anche per questi una delle collocazioni più classiche è quella di tipo industriale.
Presso l’Argon Medical Device vengono prodotti speciali aghi chirurgici e cateteri, e due terzi dei quasi 8.000 metri quadri dell’impianto di Wheeling (USA) sono classificati come camere bianche ISO 8, dove vengono prodotti e confezionati strumenti chirurgici. Gli impiegati che operano in questo ambiente devono indossare camici, retine per capelli e occhiali protettivi, rimuovendo il tutto ogni volta che escono dalla camera bianca. Si perdeva quindi tempo ad indossare e togliere tutti questi accessori per la movimentazione del materiale al magazzino, diverse volte al giorno.
Integrando invece un MiR200, gli operatori possono ora comandare al cobot la missione di trasporto da svolgere utilizzando un tablet. La movimentazione di materiali è migliorata, si sono eliminate code e accumuli a magazzino, e si è ottenuto un concreto risparmio.
Oltre alle industrie, anche diverse strutture mediche hanno riconosciuto i vantaggi dei MiR, decidendo di automatizzare la propria logistica interna. Un esempio è l’Ospedale universitario Zealand in Danimarca, che ha integrato un MiR100 per la movimentazione di strumenti sterili monouso. Il robot parte dal centro di sterilizzazione, dove degli operatori preparano l’equipaggiamento usa e getta e gli strumenti sterilizzati e li dispongono su un carrello che viene trasportato lungo 10 fermate dentro l’ospedale. Il MiR si è così ben integrato nell’ambiente che gli è stato anche dato un nome: Optimus. “Sono veramente sorpreso dalla velocità con cui sia lo staff che i pazienti si sono abituati alla presenza di Optimus” afferma Johnny Hansen, Operation Manager dell’Ospedale Zealand. “Si riferiscono al robot come ad un collega e in poche settimane ‘lui’ è diventato parte integrante dell’ambiente di lavoro. Grazie ai carrelli della MiR abbiamo potuto spostare gli assistenti di servizio da compiti meramente logistici ad altri maggiormente importanti, come la cura dei pazienti”.
Kinova per applicazioni medicali e assistenziali
Meritano uno spazio in questo articolo anche i robot di Kinova, azienda nata nel 2008 allo scopo di fornire assistenza a persone con disabilità. Negli anni la gamma di prodotti si è ampliata, tanto che accanto al principale robot antropomorfo Jaco sono nate altre tecnologie, come il braccio GEN3 o il dispositivo di nutrimento OBI.
Le soluzioni offerte in ambito assistenziale da Kinova sono molteplici, così come i target per le applicazioni. Da un lato coloro che possono trarre personale vantaggio dall’utilizzo di un robot come Jaco, supportandoli nello svolgimento di attività quotidiane rese complesse da una malattia. Dall’altro lato queste tecnologie rendono più semplice il lavoro di terapisti, cliniche e ricercatori. Ad esempio è stato stretto un accordo con la facoltà di medicina dell’Università McGill di Montreal (Canada), aprendo la strada per una fruttuosa collaborazione su una varietà di progetti che coinvolgono robot assistenziali, medicali o chirurgici. “Questa collaborazione con l’Università McGill rappresenta un altro importante passo verso il nostro obiettivo di fornire tecnologie robotiche sempre più avanzate. Insieme miriamo ad unire le migliori competenze nel campo della scienza, della tecnologia e della ricerca nelle mani di diversi team di ricerca medica in tutto il mondo” afferma Stuart Kozlick, Vice Presidente del dipartimento Robot Medicali in KINOVA.
Insomma, la presenza dei robot (inclusi quelli collaborativi) diventerà sempre più pervasiva in contesti sanitari, si tratti di quelli industriali o di ambienti universitari ed ospedalieri. Certamente nel giro di qualche anno il numero di aziende che avrà adottato una di queste tecnologie aumenterà, così come le applicazioni e i compiti ad esse affidati.
Non vediamo l’ora di vedere questi progressi!